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Teoria

Lo sciopero generale oggi.

di Peter Taaffe

L’offensiva neoliberista dei capitalisti Europei ha provocato una risposta determinata da parte della classe lavoratrice europea, con il risorgere dell’uso dell’arma dello sciopero generale, con tutto ciò che esso rappresenta per la domanda “Chi dirige la società?”.

Tuttavia, data la coscienza che esiste in questa fase tra i lavoratori e le masse non si può rispondere allo stesso modo come nel passato.

Il capitalismo mondiale, ha condotto una tenace offensiva negli anni ’90, sull’onda del crollo dello stalinismo in Urss e nell’Europa Orientale. Questo ha indicato che per gran parte di quegli anni il movimento operaio si è trovato sulla “difensiva”.

All’inizio degli anni ’90, si è assistito ad una significativa resistenza dei lavoratori alle politiche neoliberiste dei capitalisti, in special modo resistenza agli attacchi nel settore pubblico: la lotta dei minatori in Gran Bretagna nel 1992, lo sciopero del pubblico impiego in Belgio ed in Francia lo sciopero contro Juppè nel 1995, che preparò la strada alla caduta del suo governo di Destra.

Ugualmente, nel 1994, gli scioperi e il milione e mezzo di persone a Roma nella manifestazione indetta dai sindacati contro la riforma delle pensioni, portarono alla cacciata del primo governo Berlusconi.

Purtroppo, verso la fine degli anni ’90, abbiamo visto una riduzione di azioni di tale portata. Una delle principali ragioni che ha portato a questo, è stato il ruolo giocato dalle burocrazie sindacali e dai loro rispettivi partiti (Blair in Gran Bretagna, Jospin in Francia, Schroeder in Germania) e dai principali vecchi partiti operai d’Europa, nell’impedire che le lotte si radicalizzassero.

Malgrado tutto, il programma neoliberista (privatizzazioni,flessibilità,licenziamenti ecc…) è stato portato avanti implacabilmente dai padroni durante il boom economico degli anni ’90. Una forte resistenza, impedì ai capitalisti, in diversi paesi, di applicare interamente il loro programma. Oggi, tuttavia, sotto l’impatto di una seria recessione economica, la necessità di recuperare i loro guadagni e la feroce competizione con gli USA, il Giappone, la Cina ecc…, l’attacco alle condizioni di vita dei lavoratori ha dato luogo ad una offensiva più seria e preoccupante da parte dei capitalisti europei.

Questa offensiva, per la sua portata, ha scatenato la rabbia nelle file della classe lavoratrice.Dai paesi più poveri d’Europa (Grecia e Portogallo) ai due “motori” della Vecchia Europa (Germania e Francia) così come in altri paesi “intermedi” come Spagna e Italia , la reazione è stata la protesta, le manifestazioni e lo sciopero.

Come fermare allora, gli attacchi neoliberisti? La conclusione alla quale molti sono giunti è stata che solo con l’azione decisa delle masse si può fermare il pericolo.Questo pone dunque di fronte alla classe lavoratrice il problema degli scioperi e in particolare dello sciopero generale, che è ritorna oggi in modo deciso nell’agenda del movimento operaio.

In vari paesi, i lavoratori sotto la frusta della reazione capitalista, stanno già dimostrando la loro disponibilità a lottare ricorrendo spesso allo sciopero generale. La Grecia che nel corso degli ultimi anni ha visto molti scioperi generali (20 in totale !), nel Settembre 2001 ha visto la mobilitazione più grande del movimento operaio degli ultimi anni, allorquando il governo di destra di Simitis tentò di attaccare i diritti e le pensioni dei lavoratori greci. La risposta dei lavoratori fu talmente forte che portò il panico nel governo, con il Primo Ministro che si affrettò a dichiarare pubblicamente che le riforme sarebbero state “completamente ritirate”. Questo non impedì, allo stesso governo, di riproporre nuovi attacchi ai diritti e alle condizioni di lavoro; maggiore libertà per i padroni di licenziare, l’imposizione del part-time e l’abolizione della giornata lavorativa di otto ore, cinque giorni la settimana mediante l’annualizzazione dell’orario di lavoro. La risposta fu un altro sciopero generale nel giro di due mesi.

Nell’Aprile 2002 l’Italia ha visto il suo primo sciopero generale unitario dopo 20 anni, in risposta alla “riforma” dell’Articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. A questa azione fece seguito, in ottobre una nuova giornata di sciopero generale in 120 città italiane. L’Italia ha visto tra l’altro, una delle più grandi manifestazioni della sua storia il 23 Marzo 2002, quando la sola CGIL portò nelle strade di Roma 3.000.000 di lavoratori !!!

Non dimentichiamo che la Spagna è stata il teatro di un massiccio sciopero nel Giugno 2002 contro le misure che voleva introdurre il governo di destra di Aznar, simili a quelle proposte da Berlusconi in Italia. 2.000.000 di lavoratori in questo caso scesero in piazza mentre i principali sindacati spagnoli che affermavano 10.000.000 di lavoratori erano in sciopero (in pratica l’84% della forza lavoro attiva in un paese dove appena 2.000.000 di lavoratori sono organizzati nei sindacati).Così come in molti paesi d’Europa, la Spagna è stata anche teatro di grandi manifestazioni anticapitaliste e contro la guerra degli ultimi due anni. Nel 2002, anche il Portogallo ha visto una “giornata d’azione” con proporzioni di sciopero generale, contro il selvaggio programma di austerità del nuovo governo portoghese di destra.

In Francia, recentemente un movimento di azioni di sciopero, che ha visto la predisposizione alla lotta da parte dei lavoratori del settore pubblico ma anche di importanti settori del privato. Questo movimento, riflette una tendenza verso lo sviluppo di azioni molto più ampie (possibilmente con carattere di sciopero generale) contro gli attacchi neoliberisti del governo di destra di Raffarin. Anche in Germania, Schroeder deve fare i conti con una crescente opposizione all’interno del suo stesso partito (la SPD) ma soprattutto con la base dei sindacati, che vogliono bloccare le aspirazioni di Schroeder di seguire il cammino neoliberista di Blair mediante l’Agenda 2010, ponendo all’ordine del giorno lo sciopero generale tra importanti settori della classe lavoratrice tedesca.

Porsi la questione del potere

Gli esempi precedenti, dimostrano chiaramente la disponibilità dei lavoratori a rispondere, anche in modo deciso, agli appelli delle loro organizzazioni per difendere i loro diritti e le conquiste ottenute nel passato. Ma in tutti gli esempi citati, compresi i recenti successi in Francia, persistono perplessità, incertezze e una scarsa fiducia sul che fare e come proseguire le azioni di lotta. La mancanza di fiducia dei lavoratori è chiara, malgrado l’immensa forza potenziale dimostrata in queste manifestazioni. I lavoratori non vedono immediatamente il loro “potere industriale” come un mezzo per battere i capitalisti, che applicato invece coscientemente potrebbe mostrare quale sia l’alternativa politica.

In questo senso, la coscienza dei lavoratori europei oggi è indubbiamente diversa rispetto ai periodi di lotta precedenti. Per esempio vediamo la differenza in Francia dai tempi delle lotte del 1995 con quelle attuali. Esiste un chiaro appoggio, nelle manifestazioni, allo “sciopero generale” ma la durata e l’obbiettivo di questa azione non sono tuttavia chiari. Molti sindacalisti esigono che tale sciopero duri più di un giorno, alcuni propongono che deve essere indefinito, ma tutto questo non viene legato al problema di quale alternativa politica dei lavoratori è necessaria, se la costruzione di una società socialista e democratica o la semplice alternativa (o alternanza) di governo: “Uno sciopero generale affinchè vengano ritirati i piani della borghesia…”? No “Uno sciopero generale per far cadere il governo…”.

Questa situazione è stata parzialmente ottenuta dalla immensa propaganda contro le idee tradizionali del movimento operaio, di lotta e solidarietà che non sono state più il punto di riferimento delle burocrazie del movimento sindacale. A sua volta questo è legato all’offensiva ideologica, conseguenza del crollo dello stalinismo, contro qualsiasi riferimento al “socialismo”. Non fu il “socialismo” o il “marxismo” che “all’atto pratico” hanno mostrato la loro inefficacia, come dicono gli ideologi del capitalismo, ma fu invece una loro caricatura che è fallita: lo stalinismo. L’idea della pianificazione democratica della società con un programma socialista della produzione, al posto del caos capitalistico, continua a mantenere la sua validità. Questa impostazione è stata difesa, chiaramente, solo da una piccola parte di forze marxiste come il CIL/CWI ed altri gruppi. Lo scivolamento a destra delle dirigenze sindacali e delle direzioni dei vecchi partiti operai tradizionali ha contribuito a minare la fiducia dei lavoratori.

Malgrado ciò, tale è la minaccia che oggi si presenta ai lavoratori e alle loro famiglie, che a popolo lavoratore non resta altra alternativa che non sia la lotta. Nel prosieguo della lotta tenderanno per una azione più decisa, attraverso lo sciopero generale. Per i marxisti rivoluzionari, lo sciopero generale non è una panacea da utilizzare in tutte le occasioni. Di più, una giornata di azione in preparazione dello sciopero generale è ovviamente diversa da uno sciopero generale indefinito. Quest’ultima rivendicazione, non è all’ordine del giorno in Europa in questo momento, ma data la crescente polarizzazione tra le classi, potrà essere posta nel futuro in modo più rapido di quello che possiamo immaginare in questo momento.

Parte della preparazione per questa situazione, è l’analisi e la discussione circa il carattere dello sciopero generale e specialmente scioperi generali in differenti situazioni. Oggi la situazione è diversa da quella che si poteva avere negli anni ’70 e ’80 e sotto certi aspetti anche rispetto agli inizi degli anni ’90. In quegli anni esisteva un polo di attrazione politico rappresentato dai cosiddetti “partiti borghesi dei lavoratori” e dai partiti comunisti. Oggi questi non esistono, tranne il Partito della Rifondazione Comunista in Italia il quale è però relativamente una “nuova” formazione politica Ma soprattutto perché sono diminuiti gli iscritti ai sindacati, così come la loro presenza nelle fabbriche e nei posti di lavoro indebolendosi in molti paesi dell’Europa occidentale. Tutto ciò significa che si deve fare una attenta valutazione su cosa rivendicare (in ogni fase della lotta) per far avanzare il movimento operaio. Trotsky mise in guardia contro le attitudini degli “ultra sinistri” sulla base di questo assunto: “Uno sciopero generale, particolarmente nei vecchi paesi capitalisti, richiede una attenta analisi marxista delle circostanze concrete.” (L.Trotsky A metà del cammino).

I marxisti rivoluzionari hanno sempre chiaramente ritenuto che uno sciopero generale indefinito, pone la questione del potere. Così come fanno i rappresentanti più “seri” del capitalismo. All’inizio degli anni ’80, lo sciopero generale “era nell’aria” in Gran Bretagna, dovuto a causa degli attacchi della Thatcher contro i sindacati. Il TIMES (non un giornale di sinistra…) senza nessun problema o dubbio, diceva ai leaders sindacali che “…uno sciopero generale è, essenzialmente, un atto rivoluzionario e la maggioranza dei dirigenti dei sindacati,oggi sono così lontani dall’essere rivoluzionari come qualsiasi altro gruppo in Gran Bretagna” (13 Gennaio 1980). Questo rappresentava una mera ripetizione di quello che in passato aveva dichiarato il Primo Ministro britannico D.Lloyd George ai dirigenti sindacali nel 1919 : “Se porterete a termine la vostra minaccia e proclamerete uno sciopero generale ci distruggerete; avete pensato alle conseguenze? Uno sciopero significherà una sfida al governo di questo paese, che porterà ad una crisi istituzionale di primaria importanza. Perché se una forza politica si muove ed è più forte dello Stato, deve essere preparata ad assumere tutte le funzioni dello Stato. Signori, avete considerato questa ipotesi? Siete preparati a questo?” La reazione del dirigente (di destra) dei minatori Robert Smillie fu: “Da quel momento capimmo che avevamo perso perchè sapevamo di non essere pronti”.

In altre parole, i dirigenti sindacali di quel periodo non erano preparati a mobilitare la classe operaia per la presa del potere. Questo, è molto più evidente nelle attuali dirigenze sindacali, molto meno radicali dei loro colleghi del 1980 per non parlare di quelle dirigenze che vennero dopo la Prima Guerra Mondiale. Per la classe lavoratrice, la questione del potere non si presenta in questo momento. Ma se uno sciopero generale si estendesse e assumesse un carattere permanente, coinvolgendo la maggioranza dei lavoratori o di settori importanti, si porrà oggettivamente la questione del potere in forma molto più chiara nelle coscienze dei lavoratori. E questa, la comprensione da parte della classe lavoratrice, è un fattore vitale per poter determinare, quali siano le richieste da portare avanti in ogni tappa. Lo sviluppo della coscienza dei lavoratori, si forma attraverso una combinazione di eventi,dall’esperienza e dal ruolo delle organizzazioni di massa e delle sue direzioni, che a partire da questo aiutino i lavoratori a giungere a conclusioni corrette.

Gli scioperi e il movimento contro la guerra

L’inconsistenza dei “non marxisti” si riflette nelle dichiarazioni di George Mobiot, del giornale inglese The Guardian, che commentando lo sviluppo della recente guerra in Iraq, non ha dimostrato un atteggiamento rigoroso su questo tema. Il Socialist Party (la sezione inglese e gallese del CWI) ha avanzato la proposta dello sciopero in un preciso momento, non uno sciopero generale, già prima che si scatenasse la guerra. Ma dato che i dirigenti sindacali, di sinistra in particolare, non erano preparati a questo tipo di azione non fu messa in pratica. Tentando di trovare una via diversa dalle manifestazioni e dalla propaganda per fermare i piani di guerra di Bush e Blair, Mobiot parlò di quali azioni, secondo lui, si sarebbero dovute intraprendere e concluse: “Molti attivisti, parlano…di provocare una azione di sciopero più ampio, persino di giungere allo sciopero generale. Ciò è, naturalmente, difficile e pericoloso. Alcuni sciopero generali sono stati efficaci, altri controproducenti, in altri casi ancora sono stati disastrosi. Se proponessimo uno sciopero e quasi tutte le persone invece andranno a lavorare, Blair vedrà in questo un segnale che gli farà prendere fiducia del fatto che potrebbe fare quello che vuole. Questo deve essere il modo nel quale dobbiamo invece pensare…”, e continuando… “ Se non riusciremo a mobilitare i lavoratori non importa, perché ci rimangono altri mezzi sufficienti ad influire nelle menti dei politici” e suggerisce… “ Questo significa che dovremo far ricorso ai blocchi stradali, l’interruzione dei dibattiti e l’occupazione dei principali edifici pubblici.” (7 Gennaio 2003).

Questa, è una forma estremamente superficiale di porre la questione dello sciopero generale a fianco di mezzi e modalità così minime. L’improvvisazione con la questione dello sciopero generale, in special modo in una situazione così seria come il problema della guerra, è completamente errata. Tale azione può e deve essere preparata solamente attraverso tutto un lungo periodo e convocata efficacemente, quando la situazione lo esige, da coloro che hanno conquistato la necessaria autorità agli occhi dei lavoratori, durante tutto il periodo precedente. Ovviamente Mobiot, a parte tutte le sue buone intenzioni non tiene conto di questi requisiti. Non ha considerato l’esperienza storica della classe lavoratrice europea su questo tema. Anche la grande rivoluzionaria polacco-tedesca Rosa Luxemburg sovrastimò, l’importanza “indipendente” dello sciopero generale se questo non fosse direttamente legato alla presa del potere da parte dei lavoratori e l’instaurazione del “loro Stato” .

Riassumendo le decisioni del famoso Congresso di Basilea della Seconda Internazionale, nel 1912, anche i partiti socialdemocratici, come in Francia e Germania, guidati da J.Jaures e A.Bebel promisero di organizzare uno sciopero generale in caso di guerra. Ma come commentò Trotsky più tardi, questo appello “Assunse…la natura di un colpo di scena”. I partiti socialdemocratici, posero il problema in una forma “inanimata”, formale e meramente verbale. Non erano assolutamente preparati per un tale tipo di azione. Uno sciopero di protesta, prima di una guerra, quando viene convocato dai dirigenti sindacali è completamente possibile, così come è stato il caso in alcuni paesi dell’Europa occidentale nella recente crisi in Iraq, proclamare uno sciopero generale,una volta che la guerra ha avuto inizio, è una questione completamente diversa. Quando sono in gioco gli interessi fondamentali della classe dominante, solo uno sciopero generale che sia legato al crollo del capitalismo, potrà ottenere risultati concreti in queste circostanze. Questo può essere preparato solo nel periodo precedente, da tutto il movimento dei lavoratori.

Queste condizioni non si concretizzarono, né nel periodo antecedente la guerra, né durante la guerra stessa. Una volta scoppiata la guerra, si creano delle condizioni (ad esempio: il sentimento patriottico) molto più difficili per porre la questione dello sciopero generale. Lo sciopero generale è una arma di lotta importante ma, come disse Trotsky: “Non è universale. Ci sono condizioni in cui, lo sciopero generale può fare più danno ai lavoratori che ai diretti nemici. Lo sciopero deve essere un elemento importante nel calcolo di una strategia rivoluzionaria e non al contrario una panacea alla quale sottomettere tutte le strategie”. Trotsky, sottolineò anche che lo sciopero generale è un’ arma contro il potere statale costituito, che ha a sua disposizione il telegrafo, la polizia, l’esercito ecc. ecc. “Paralizzando l’apparato del governo, lo sciopero generale, lo spaventa (allo Stato) e crea i postulati di una soluzione rivoluzionaria alla questione del potere”.“Questo può rappresentare uno strumento, ad esempio, per i lavoratori che si trovano sotto il tallone di un regime autoritario dittatoriale, che unendosi e cominciando con scioperi di settore in direzione di uno sciopero generale, possono acquisire la forza necessaria per far crollare chi li opprime. In altre circostanze, l’arma dello sciopero è inopportuna. Ad esempio, nel 1917, quando Kornilov marciava verso Pietrogrado né i Bolscevichi, né i Soviet pensarono a proclamare uno sciopero generale. Al contrario, gli operai delle ferrovie continuarono a lavorare per poter trasportare le truppe rivoluzionarie necessarie a contrastare Kornilov. Gli operai delle fabbriche, continuarono a lavorare tranne coloro i quali uscirono a lottare contro l’esercito nemico. E ancora, non si parlò di sciopero generale nel momento della Rivoluzione d’Ottobre. I Bolscevichi, avevano l’appoggio delle masse e in queste condizioni, proclamare uno sciopero generale avrebbe indebolito se stessi piuttosto che il nemico capitalista. Fu grazie alla prova di valore data dai lavoratori nelle ferrovie, nelle fabbriche e nelle officine, che si poté aiutare l’insurrezione per far crollare il capitalismo e stabilire uno stato operaio democratico.”

Queste osservazioni di Trotsky, di carattere generale in realtà, ma ciononostante molto utili, non trovano posto nella situazione in cui si trova il movimento operaio in Gran Bretagna e in Europa; il carattere parziale degli scioperi generali ai quali stiamo assistendo, ha sotto certi aspetti, delle similitudini con la situazione venutasi a creare negli anni precedenti la Prima Guerra Mondiale, anch’essa analizzata da Trotsky. In quel caso, egli sostenne: “Il governo ebbe paura dello sciopero generale e immediatamente all’inizio di questo, senza assumere posizioni di confronto fece delle concessioni !”.

Questa fu la situazione nello sciopero generale in Belgio del 1893 e su una più vasta scala in Russia nell’Ottobre del 1905. Sotto la pressione dello sciopero il regime zarista nel 1905 fece delle “concessioni costituzionali”. In Belgio lo sciopero indetto dal Partito Operaio Belga (PTB) vide la partecipazione di 300.000 lavoratori, incluso alcuni gruppi cattolici di sinistra. Ci furono degli scontri tra gli scioperanti, la polizia e l’esercito. Lo sciopero rientrò appena il governo concesse il diritto di voto ai maschi di 25 anni (l’età minima per poter votare era di 30 anni fin dal 1885). La vittoria dello sciopero, aprì il cammino per la vittoria parlamentare del PTB, che ottenne 27 seggi nelle elezioni del 1894).

La situazione odierna può essere comparata, non in modo dogmatico e semplicista, con la situazione allora esistente in Belgio. Nel 1995, in Francia, il governo Juppè spaventato dalle proporzioni che stava assumendo lo sciopero, ritirò gli attacchi contro i lavoratori e pagò per questo con la disfatta elettorale aprendo la strada al governo Jospin nel 1997. Lo stesso Juppè, recentemente, ha avvertito Raffarin che “la piazza” non avrebbe accettato i suoi attacchi, avvertendolo che il governo di destra francese dovrà retrocedere di fronte ad una offensiva di massa. Questa possibilità non è lontana. Tuttavia rispetto alla situazione degli anni ’90, sono avvenuti dei significativi cambiamenti. La classe dominante francese, è arrivata alla conclusione che dato il deterioramento della sua posizione è costretta a seguire lo stesso cammino degli USA e della Gran Bretagna, rafforzando le politiche neoliberiste.

Quale alternativa politica?

Le azioni intraprese dai lavoratori, hanno indubbiamente messo in agitazione la classe dominante, la quale anche se ha fatto delle piccole concessioni, non le è stato di impedimento nel continuare il suo programma. Raffarin, dà l’impressione che, al contrario del 1995, si stia preparando per arginare la nuova ondata di proteste. Questo mette il movimento che si sta sviluppando, di fronte ad un bivio: o una azione più decisa con uno sciopero generale di un giorno (o uno sciopero più lungo) o retrocedere nel breve periodo per riemergere in modo più determinato nel prossimo futuro. I dirigenti sindacali francesi sono più favorevoli ad appoggiare la seconda opzione piuttosto che intraprendere azioni risolute.

In Italia, anche il governo Berlusconi, sembra dare l’impressione che riesca a sfuggire alla massiccia opposizione che ha avuto luogo con gli scioperi e le manifestazioni (oltre ad aver sofferto la sconfitta alle elezioni Regionali). Una delle ragioni del perché ciò è stato possibile , è perché i leader delle grandi Confederazioni sindacali (CGIL-CISL-UIL), continuano a rassicurare la classe dominante dicendo che non hanno nessuna intenzione di far cadere il governo del “cavaliere” democraticamente eletto. Ma questo non è quello che chiede realmente la classe lavoratrice italiana, che desidera usare il suo potere non solo per difendere i propri diritti consacrati nello Statuto dei Lavoratori (ad es. l’Art.18) , ma che allo stesso tempo vengano estesi a tutte le aziende, inoltre i lavoratori italiani chiedono nuove elezioni in modo tale da poter cacciare Berlusconi dal governo del paese.

In Francia il governo Raffarin, mentre da una parte fa delle misere concessioni sulla carta (vedi ad esempio per gli insegnanti), dall’altra continua in modo determinato il suo cammino. Ugualmente, ma con molte più difficoltà, in Germania il cancelliere Schroeder, con l’appoggio della CDU (democristiani) e sollecitato dalla borghesia, pretende di portare avanti l’attacco alle pensioni. In Austria un milione di lavoratori, sono entrati in sciopero il 3 Giugno 2003 protagonisti del più grande sciopero generale che il paese abbia mai visto dalla fine della Seconda Guerra Mondiale !. Anche la polizia e la gendarmeria si sono unite alle proteste. La dirigenza della OGB (la Confederazione Sindacale Austriaca) è sembrata più frastornata, dalla massiccia risposta dei lavoratori, a differenza del governo di destra del OVP-FPO del cancelliere Schussel . I dirigenti sindacali organizzarono una conferenza stampa per dichiarare che lo sciopero era contro l’attacco alle pensioni, facendo passare in secondo piano l’appello per lo sciopero generale, difeso energicamente dall’ SLP , la sezione austriaca del CWI, e che aveva ottenuto l’appoggio da parte di molti lavoratori. L’SLP organizzò una conferenza nazionale dei delegati sindacali, degli studenti medi e dei disoccupati e fece appello per una lotta unitaria contro il governo, attraverso l’organizzazione di “Comitati di sciopero” o conferenze dei delegati sindacali per dirigere e far avanzare la lotta.

Sia lo sciopero generale di una intera giornata, per non parlare di uno sciopero indefinito vengono rifiutati dalle attuali dirigenze sindacali di destra. Nei paesi che hanno una tradizione di scioperi generali di una giornata, i dirigenti sindacali utilizzano questi scioperi come valvola di sfogo per la classe lavoratrice. In Francia per esempio, pesa molto sulle coscienze dei dirigenti sindacali lo sciopero generale del 1968, che portò ad uno sciopero generale indefinito e all’occupazione delle fabbriche. Da qui la loro paura a proclamare scioperi generali di una intera giornata. In altri paesi, come ad esempio l’Austria, la Germania e la Gran Bretagna che non hanno avuto, recentemente, lo stesso tipo di esperienza, il proclamare uno sciopero generale di un giorno può essere di enorme importanza nel preparare la classe lavoratrice a portare avanti decisive azioni atte a sconfiggere i capitalisti.

Tutto questo può far comprendere ai lavoratori quale tipo di azioni sono necessarie e utili per poter battere l’offensiva dei governi dei padroni. In alcuni casi, dove sono stati proclamati degli scioperi generali si è proposto molto di più ! Per esempio in Spagna come conseguenza del magnifico movimento sviluppatosi lo scorso anno,il CWI ha posto la questione di convocare ulteriori scioperi generali contro il governo Aznar, questa volta estesi a 48 ore che, se fossero stati organizzati avrebbero preparato il terreno per lo sciopero generale indefinito. Tuttavia, in Francia l’ondata di scioperi e manifestazioni non ha ottenuto la caduta di Raffarin e del suo governo. Qui si può progettare una azione più decisa, prima con uno sciopero di una giornata sia dei lavoratori del pubblico impiego che del settore privato, per poi sfociare in uno sciopero generale più esteso. Non è da escludere la possibilità di iniziative dal basso dei lavoratori francesi, tali che possano sviluppare un movimento simile a quello del 1968, tramite uno sciopero generale e generalizzato sulle stesse linee d’onda di quello convocato tra il Maggio e il Giugno del 1968. Tuttavia, ciò che è più probabile nel breve periodo sarà che i lavoratori francesi, particolarmente i settori più avanzati, lavoreranno per intraprendere azioni per far avanzare la lotta nel miglior modo possibile.

A causa della mancanza di una reale alternativa, l’assenza di una ampia coscienza socialista, la questione dello sciopero generale indefinito, legata alla presa del potere da parte dei lavoratori, nella fase attuale, non potrà porsi in modo chiaro tra i lavoratori francesi o degli altri paesi. Attualmente le lotte dei lavoratori sono rivolte ad ottenere concessioni dai governi, per costringerli a fermare la loro offensiva, pertanto in questa fase, gli slogan che verranno sollevati saranno di un determinato tipo ma evitando con cura di fare appello per uno sciopero generale indefinito che conduca alla presa del potere.Uno sciopero di una intera giornata è il miglior modo, inizialmente, per preparare e unire i lavoratori per le battaglie che verranno. Sfortunatamente, dato il carattere di “destra” degli attuali dirigenti sindacali, come quelli della CFDT (in Francia) in particolare, che fungono da freno, non potranno assolvere a questo compito. E’ compito invece della sinistra, in particolare della sinistra marxista in Francia e negli altri paesi, spiegare ai lavoratori la necessità di intraprendere azioni di questo genere.

Una simile situazione si presenterà negli altri paesi dell’Europa occidentale. Ma uno sciopero generale, anche se limitato ad una sola giornata, pone implicitamente la domanda: “Chi governa la società?” Infatti si trovano di fronte due poteri: la classe dominante (la borghesia) con i suoi poteri “sospesi” anche se solo per un giorno e l’immenso “potenziale” della classe lavoratrice. Questo pone allo stesso tempo ed inevitabilmente il problema della alternativa politica. In passato quando si sono verificati movimenti simili a quelli sopra descritti, i marxisti hanno sostenuto che i vecchi partiti borghesi dei lavoratori (il Labour Party in Gran Bretagna ad esempio o coalizioni tra questi partiti come il PCF e il PSF in Francia) sarebbero potuti giungere al potere solo se si fossero dotati di un vero programma marxista. Noi del CWI, abbiamo sostenuto questo come una fase fondamentale della lotta di classe, come una tappa nella quale si sviluppa un formidabile movimento di massa in direzione del socialismo. Sfortunatamente il processo di “imborghesimento” delle vecchie organizzazioni di massa dell’Europa occidentale a partire dagli anni ’90, che sta giungendo a compimento su scala europea (con l’emergere di nuove organizzazioni di sinistra dei lavoratori come il PRC in Italia ed il più piccolo SSP in Scozia all’inizio degli anni ‘90) significa che non esiste una reale alternativa politica di massa per i lavoratori, nella situazione attuale.

Di fatto, il programma di politiche neoliberiste è stato portato avanti in modo più efficace dai governi diretti dagli ex socialdemocratici, piuttosto che da governi apertamente borghesi. Il governo Jospin (PSF) in Francia ha privatizzato più del governo Juppè. In eguale misura, in Germania Schroeder è più avvantaggiato in questo momento ad imporre ai lavoratori le politiche neoliberiste rispetto ai democristiani della CDU. Pertanto, è inconcepibile per i marxisti dire che questi “signori” siano una alternativa poltico-elettorale compromessa con la lotta dei lavoratori. Sarebbe come dare al proprio carceriere un altro mazzo di chiavi perché continui a serrare i lucchetti.

Di conseguenza, dobbiamo proporre ai lavoratori dei chiari mezzi di lotta, che si possono riassumere in chiare proposte, come: lo sciopero di 24 ore o anche solo una giornata di sciopero generale necessario a far prendere coscienza ai lavoratori che serve una politica alternativa basta sul proprio potere e sulla propria forza in quanto classe. Questo suggerisce l’uso di parole d’ordine come: “Per un governo dei lavoratori”, con un chiaro programma socialista che includa l’esproprio dei settori chiave dell’economia capitalista e la creazione di una società socialista e democratica. Questa certo è una impostazione “algebrica” alla quale gli eventi e i loro sviluppi nel futuro daranno forma concreta. Però questo inevitabilmente pone a sua volta la domanda di quali partiti saranno in grado di lottare per costruire il governo dei lavoratori. Questo è legato inevitabilmente con la questione di un nuovo partito di massa della classe lavoratrice, come tappa intermedia verso la realizzazione del suddetto governo. Il motivo per cui si sia registrato un arretramento nelle coscienze e il motivo per cui non sia nata una alternativa politica di massa nelle menti dei lavoratori, non libera i marxisti dal proporre una alternativa politica che sarà compresa, attraverso le lotte, nel futuro.

L’Europa è entrata in una nuova fase di sviluppo. E’ una fase, questa che viviamo, di stagnazione economica dove una piccola “crescita” (crescita e recessione) non migliorerà sensibilmente i livelli di vita dei lavoratori, ma sortirà effetti contrari. Questo significa che per vasti settori della classe lavoratrice, le condizioni di vita godute nel passato oggi tendono ad essere annullate dai capitalisti. I lavoratori lotteranno e cercheranno strumenti più incisivi per abbattere i padroni e i loro governi. Questo riproporrà inevitabilmente all’ordine del giorno lo sciopero generale. La classe operaia europea ha accumulato una certa esperienza in questo campo, nel passato.

Questo deve essere studiato, analizzato e applicato con abilità nelle nuove condizioni che stanno cominciando a maturare in Europa. Un nuovo ed esplosivo periodo di massicci scioperi, di lotte, di grandiose manifestazioni e il ritorno alla politica da parte della classe lavoratrice europea sta facendosi largo nel periodo che abbiamo davanti. In questo processo, sarà la chiarezza delle idee del marxismo (una strategia ed una tattica chiare e la giusta e flessibile applicazione di proposte attraverso parole comprensibili) che ritorneranno ad essere gli strumenti necessari del popolo lavoratore di tutti i continenti.

Peter Taaffe

(tradotto dall’originale inglese apparso in Socialism Today rivista teorica del Socialist Party sezione del CWI in Inghilterra e Galles. Luglio/Agosto 2003)

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