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Palestina/Iraq

Truppe Bulldozer e Resistenza

GUARDANDO LE NOTIZIE alla TV due settimane fa, veniva difficile tentare di decifrare se i carri armati e gli elicotteri d’assalto che stavano distruggendo i palazzi fossero Israeliani o USA, oppure se si stessero guardando immagini provenienti dalla striscia di Gaza in Palestina o dalle città di Samara e Fallujah in Iraq.

di L.Bortolotti

Nella più grossa offensiva da quando è ricominciata l’ Intifada (rivolta) palestinese, circa quattro anni fa, il primo ministro israeliano, Ariel Sharon, ha ordinato a 200 carri armati e alla fanteria di occupare alcune miglia della striscia di Gaza per cacciare le milizie palestinesi.

Questa ultima invasione (Domenica 3 Ottobre) ha portato con se la morte di 66 persone – tra cui 23 civili – e circa 240 feriti. Un membro importante dell’ ala militare di Hamas è morto a seguito di un attacco aereo. E subito dopo l’attacco sono arrivati i famosi “bulldozer” che distruggono sistematicamente case, orti e scuole. Circa 15.000 persone in tutta l’area si trovano adesso senza acqua ed elettricità.

L’impegno sbandierato da Sharon di ritirare i coloni israeliani e le truppe dalla striscia di Gaza presenta qualche problema con la grande sofferenza della popolazione palestinese. L’ultima incursione di Sharon vuole dimostrare come qualsiasi ritiro non sarà il risultato della pressione militare palestinese – diversamente da come accadde durante l’umiliante ritiro delle Forze di Difesa Israeliane dal Libano nel Maggio del 2000, dove la guerriglia siriana guidata dagli Hizbollah aveva dichiarato come sua vittoria militare.

Non c’è da stupirsi se l’amministrazione USA, che vede Israele come alleato chiave nella regione, ha rifiutato di condannare questa escalation israeliana di guerra a senso unico tra le zone israeliane e palestinesi. Come al solito, la Casa Bianca ha sostenuto la giustificazione di Sharon all’ “auto-difesa”.

Dubbi elettorali

Nello stesso momento che gli israeliani invadevano Gaza, 5.000 soldati USA (probabilmente agendo in accordo con nuovo esercito nazionale del gorverno provvisori iracheno) si sono aperti la strada verso Samara (occupata dai ribelli) nel triangolo sunnita a nord ovest di Baghdad.

La “pacificazione” di questa città fa parte della strategia USA di porre fine al grosso numero di centri urbani che sono vietati alle truppe della coalizione e alle forze leali al primo ministro nominato dagli USA Allawi.

Senza il controllo dei maggiori centri e delle città le ultra osannate elezioni, che si terranno in Gennaio, non avrebbero nessun significato. L’idea di stilare un registro elettorale e tenere delle elezioni sicure in tre mesi è risibile.

Mentre gli USA dichiarano morti 125 insorti nell’assalto di Samara, alcuni abitanti hanno dichiarato che anche molti civili sono stati feriti sotto il peso degli attacchi. Ma questi feriti sono nulla in confronto a cosa accadrà quando gli USA attaccheranno di nuovo la roccaforte di Fallujah.

Questa è la terza volta in 18 mesi che le forze USA “catturano” Samara, e con pochi feriti tra i soldati americani, l’assalto è visto dall’amministrazione Bush come una pedina da muovere bene e da sfruttare per le imminenti elezioni presidenziali.

I profondi conflitti in Medio Oriente sono in particolare la conseguenza dell’imperialismo USA, che vuole assicurarsi, per scopi strategici, la dominazione politica e il controllo delle riserve di petrolio della regione.

Tuttavia, questa strategia si sta rompendo dato l’impasse del conflitto israelo-palestinese entrato ormai in un vicolo cieco e data anche la perdita di tante risorse militari e finanziarie risucchiate dentro all’ infinita guerra in Iraq.

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