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Kosovo

Agitazione post-elettorale

Il segnale principale che proviene dalle recenti elezioni parlamentari in Kosovo è che meno dell’1% degli 80.000 kosovari di etnia serba si sono recati alle urne.

La minoranza etnica serba è delusa dall’etnia albanese che guida l’amministrazione, e sono particolarmente irritati dal fallimento della KFOR (guidata dalla Nato) (i)che non li ha difesi durante i violenti scontri che hanno avuto luogo nel Marzo di quest’anno. Questa ondata di violenza inter-etnica ha lasciato sul terreno 19 vittime, e oltre 800 tra case e chiese ortodosse serbe sono state date alle fiamme. Secondo un analista, la KFOR è vista da parte di molti kosovari di etnia serba come “un estintore che si tiene nell’armadietto ma che non funziona mai quando bisogna spegnere un incendio”. (ii)

Boicottando le urne la minoranza serba ha mandato un forte messaggio all’UNMIK (Missione delle Nazioni Unite in Kosovo), all’EU e a tutta la “comunità internazionale”. Il messaggio è chiaro, non giocheranno palla nei prossimi negoziati (programmati per la metà del 2005) che temono porteranno all’indipendenza del Kosovo.

Il “boicottaggio” ha dominato i politici serbi

Questi rappresentanti eletti dalla popolazione serba hanno ottenuto meno dell’1% pretendono di rappresentarli ma non hanno ottenuto un chiaro mandato a negoziare da parte della minoranza. Tuttavia, è probabile che questo compito verrà svolto dal governo nazionalista di Belgrado, guidato da Kostunica, insieme agli elementi più estremisti della minoranza serba in Kosovo. Spingeranno per la massima “decentralizzazione” e “autonomia” del settore nord del Kosovo a maggioranza serba – che, in definitiva, è come avere le spalle coperte in una eventuale divisione del paese.

I politici serbi si vantano ora dopo le elezioni del successo della tattica del boicottaggio. Questa è diventata argomento principale nella politica interna della Serbia. Il Presidente serbo Boris Tadic e il Ministro degli Esteri di Serbia e Montenegro, Vuk Draskovic, hanno dichiarato che il boicottaggio ha indebolito la posizione della minoranza serba. Mentre, le principali organizzazioni della minoranza serba in Kosovo, che hanno guidato il boicottaggio, lo considerano un grande successo. Questo è anche ciò che sostiengono il Primo Ministro serbo Vojislav Kostunica, la Chiesa Ortodossa serba e gli altri partiti nazionalisti.

Tentando di trarre vantaggio dalla posizione impopolare del Presidente Boris Tadic a favore della partecipazione della minoranza serba alle votazioni, il Partito Radicale Serbo (SRS), ultranazionalista, insieme alla vecchia dirigenza del Partito Socialista Serbo, ha dichiarato che potrebbero chiedere le dimissioni del presidente Boris Tadic! La crisi politica che ha caratterizzato la Serbia post-Milosevic continuerà con rinnovato vigore nel prossimo futuro.

I Nazionalisti albanesi vedono l'indipendenza

Mentre poteva sembrare che l'affluenza della minoranza albanese sarebbe stata più alta di quella della minoranza serba, solamente il 51% degli aventi diritto si è recato alle urne. Questo riflette la disperazione e la disillusione accumulati in 3 anni di amministrazione, così come la piena consapevolezza che il Kosovo non ha una vera autonomia ma è amministrato dall'ONU. Povertà e disoccupazione sono endemiche – sempre più persone, di entrambe le etnie, non credono seriamente che i partiti che hanno corso alle elezioni offfrano una soluzione .

Mentre i dati non sono ancora ufficiali (si stanno svolgendo ancora gli scrutini), risulta chiaro che la Lega Democratica (LDK), del Presidente Ibrahim Rugova, ha vinto l'elezione con approssimativamente il 45.3% dei voti. Il Partito Democratico (PDK), guidato dall'ex guerrigliero UÇK (iii) Hashim Thaci, è il secondo partito, con circa il 28.5%. È probabile che questi due partiti, insieme ad altri più piccoli gruppi continuino col governo di coalizione allargata. Questa forma di governo ha lo scopo di includere l'intero arco di organizzazioni politiche e di gruppi etnici nella coalizione e viene entusiasticamente sposorizzato dall'UNMIK.. Tuttavia, molte persone hanno capito che le elezioni hanno solo dato luogo ad un governo debole e indeciso. I commenti del commissario alle politiche estere dell'UE, Javier Solana così come il rappresentante degli USA in Kosovo, hanno detto che i processi di riforme che condurranno all'auto-governo continueranno come previsto, nonostante il boicottaggio della minoranza serba.

L’imperialismo è coinvolto

L’imperialismo, sottoforma dell’ONU,della UE, della NATO e degli Stati Uniti, possiede le chiavi del futuro del Kosovo. Ora lor signori si trovano coinvolti nella marcia che porterà alla piena indipendenza dei nazionalisti albanesi, sostenuti dalla vasta maggioranza della popolazione, e la posizione della minoranza serba, appoggiata dal governo di Belgrado. Sebbene tutto ciò è una loro macchinazione, questa non è una situazione invidiabile per l’imperialismo.

Se l’imperialismo venisse visto come “carceriere” della piena indipendenza per il Kosovo potrebbe incorrere in uno scontro con la maggioranza di etnia albanese, che ha forti aspirazioni nazionali. Ugualmente, se fallisse nel proteggere la minoranza serba o nel concedere loro “l’autonomia”, questo potrebbe essere visto come “pro-albanese” e provocherebbe uno scontro con i nazionalisti serbi e lo stesso governo serbo.

L’imperialismo, specialmente l’UE, non vuole spingere la Serbia di nuovo verso “l’isolazionismo”. E’ interessato a che la Serbia liberalizzi i suoi mercati – come ulteriore garanzia verso l’ingresso in Europa e nella NATO. Se il Kosovo divenisse un grosso ostacolo per questo, minacciando di stabilizzare la Serbia e potenzialmente guidandola verso l’isolamento nazionalista, allora non si vedrebbe la ragione per cui le aspirazioni nazionali dell’etnia albanese non possano essere sacrificate.

Allo stesso modo, c’è anche la reale possibilità che l’imperialismo faccia da “supervisore” di una eventuale pulizia etnica “controllata”, proveniente da ambe due le etnie, nell’eventualità che si trovi costretto a concedere la separazione tra nord e sud del paese. Qualunque “soluzione” tenteranno le potenze imperialiste di imporre dall’alto, non saranno “pulite”, e ad un certo punto troverà una attiva resistenza.

L’imperialismo non ha come principio la difesa dei diritti nazionali – ma di fatto il contrario. L’imperialismo utilizza le piccole nazioni e le minorità nazionali per i suoi interessi economici, militari e strategici per un certo tempo, per poi in seguito abbandonarli a se stessi. I kurdi e i palestinesi, per fare un esempio, posso testimoniarlo.

Il futuro del Kosovo, e dei Balcani in generale, è incerto ed instabile. Questo è riferito anche alla situazione economica e politica. La secolare “questione nazionale” in questa regione non troverà soluzione sulla base del capitalismo e dell’imperialismo, neanche se esistesse una possibilità di un sostanziale e prolungato sviluppo economico.

La profonda crisi economica, sociale e politica nei Balcani indica che l’instabilità continua e la regione si troverà ad affrontare ancora di più divisioni etniche e nazionali. Le potenze occidentali non sono soltanto incapaci di risolvere questi problemi ma le loro politiche attualmente peggiorano la situazione.

A seguito del crollo della Jugoslavia stalinista, le potenze occidentali hanno appoggiato le diverse forze separatiste e del libero mercato che hanno portato alla divisione dei Balcani attraverso una serie di guerre sanguinose negli anni ’90. Alla fine dei combattimenti, le potenze imperialiste hanno imposto “transizioni negoziate” che hanno sorvegliato sulla divisione etnica della regione.

Sotto la direzione neocoloniale degli stati della UE e degli USA, o sotto forti pressioni imperialiste sui governi locali, i popoli dei Balcani hanno subito attacchi neoliberisti oltre alla devastazione causata da un decennio di scontri interetnici. La disoccupazione in Kosovo è del 70%. E’ stato dichiarato in estate che 500 imprese dello Stato verranno presto privatizzate, portando ad una ulteriore perdita di posti di lavoro.

Illusioni nella cosiddetta “indipendenza” capitalista

Il CWI ha sempre risolutamente difeso il diritto all’auto-determinazione del popolo kosovaro, compreso il loro diritto alla secessione. Tuttavia, a differenza di altri a sinistra, non abbiamo mai nutrito illusioni nella NATO, nell’ UCK (i paramilitari albanesi) e nemmeno nei partiti nazionalisti dell’etnia albanese,

Abbiamo inoltre sempre spiegato che un Kosovo indipendente e capitalista, dominato dall’imperialismo, non può garantire le basi di una vera indipendenza nazionale, ma neanche che i lavoratori e i contadini poveri del Kosovo possano avere decenti condizioni di vita.

Il compito storico di unire gli stati balcanici in una confederazione volontaria e democratica non è possibile risolverlo sotto il capitalismo. Le classi dominanti locali, insieme ai loro padroni imperialisti, hanno tutto l’interesse a mantenere i Balcani e i suoi popoli divisi, per continuarne lo sfruttamento.

I lavoratori, i contadini poveri e le minoranze oppresse, in diretto contrasto, comprenderanno che la cooperazione dei popoli dei Balcani, all’interno di una federazione socialista volontaria e democratica, è nei loro interessi di classe. Solo sulla base di una economia pianificata democraticamente dai lavoratori, e l’interscambio regionale delle risorse, renderanno possibile il pieno sviluppo economico dei Balcani. Questo significherebbe che i bisogni delle masse potranno essere soddisfatti, aumentando allo stesso tempo le condizioni di vita. Senza le classi dominanti che lottano tra loro per conquistare territori, basso costo del lavoro e il prestigio, e la malvagia influenza dell’imperialismo espulsa dalla regione, la coesistenza pacifica e la cooperazione tra tutte le popolazioni, potrebbero prevalere nonostante lo sfondo nazionale, etnico e religioso.

La classe operaia deve organizzarsi in modo indipendente

Il compito chiave per i marxisti nei Balcani oggi è aiutare la rottura dei lavoratori e dei contadini poveri dai partiti capitalisti e nazionalisti e accelerare l’emergere di organizzazioni politiche indipendenti di classe. L’emergere di un partito basato sulla classe lavoratrice che organizzi i lavoratori e i contadini poveri superando le divisioni nazionali, etniche e religiose, in particolare durante una crescita della lotta di classe, condurrebbe ad una diminuzione delle tensioni nazionaliste. Allo stesso tempo, è imperativo l’inizio della costruzione di una potente forza rivoluzionaria marxista che lotterà per il programma, tattiche, e l’organizzazione necessaria a completare la trasformazione socialista della società.

“E’ chiaro che la rivoluzione e la realizzazione della federazione balcanica può essere condotta esclusivamente da un proletariato cosciente e forte, e da un partito socialdemocratico rivoluzionario. Questo è il motivo per cui il compito di creazione di una federazione balcanica sarà possibile solo quando il proletariato di tutti gli stati Balcanici si organizzerà, indipendentemente dai partiti borghesi e piccolo borghesi, in una organizzazione indipendente di classe, imbevuto degli insegnamenti della sua classe, e con spirito socialista.” Vasil Glavinov (1869-1929) (iv).

i. K-FOR è il nome dato alle forze NATO in Kosovo/a.

ii. “I Serbi del Kosovo salutano il boicottaggio delle elezioni come un trionfo” di Jeta Xharra dell’ Institute for War and Peace Reporting. 29.10.04.

iii. UÇK = acronimo in lingua albanese per indicare l’Esercito di Liberazione del Kosovo

iv. Tratto dal giornale “Rabotnicheska Iskra” (La scintilla dei lavoratori) 15 Marzo 1909. Ripubblicato in “Storia Rivoluzionaria”, Volume VIII, No. 3.

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