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Teoria

Capitalismo: un sistema in crisi

di M.T.Di Francesco

I tradizionali Partiti dei lavoratori, i grandi media, il sistema scolastico presentano il capitalismo come l’unico sistema possibile. Tuttavia, la metà della popolazione mondiale, circa 3 miliardi di persone, vive nella povertà secondo le cifre della Banca Mondiale. La Banca Mondiale che è finanziata dai grandi poteri, smonta essa stessa il mito secondo cui il libero mercato ci farebbe progredire. In realtà, il capitalismo è un sistema di crescenti disuguaglianze tra ricchi e poveri, di crisi economiche e di catastrofi ecologiste. Le 500 famiglie più ricche del pianeta possiedono tanto quanto la metà più povera della popolazione mondiale.

I nostri stipendi sono sempre più bassi.

Negli anni cinquanta e sessanta, un solo stipendio bastava ad assicurare un livello di vita adatta ad una famiglia di lavoratori. Le donne erano, conformemente alla logica borghese, destinate al lavoro non pagato: il lavoro di casalinga e la cura dei bambini. Quante famiglie oggi riuscirebbero a sopravvive con un solo reddito? Il periodo dell'immediato dopoguerra fu un periodo di forte crescita economica: i bisogni della ricostruzione hanno favorito gli investimenti come base di un rilancio temporaneo dell'economia mondiale. Era anche un periodo di crescita dei salari. I padroni hanno dovuto fare una serie di concessioni a causa della mancanza di mano d’opera e sotto la pressione del movimento operaio. L'esistenza del contro-modello stalinista, anche se traviato, giocava un ruolo importante. Il potere di acquisto dei salari è stato eroso sistematicamente dallo scoppio della crisi nella metà degli anni ‘70 e dalle politiche neoliberali degli anni ‘80. Gli ultimi 20 anni hanno visto un calo degli stipendi reali in Italia, particolarmente a causa dello smantellamento della scala mobile. Gli attacchi dei padroni hanno messo i nostri salari sotto pressione e la burocrazia sindacale non ha saputo rispondere con una adeguata azione di salvaguardia del potere d’acquisto utilizzando invece lo strumento della concertazione. Era un fenomeno generalizzato nel mondo capitalista evoluto. Negli Stati Uniti, gli stipendi reali sono diminuiti del 14% tra il 1972 e 1999. La sicurezza di un posto di lavoro è diminuita negli anni novanta a seguito della applicazione del cosiddetto “Pacchetto Treu” (un prodotto del governo dell’Ulivo!) ed alla svolta a destra dei dirigenti socialdemocratici e sindacali. La grande maggioranza dei posti di lavoro che da allora sono stati creati non è a tempo indeterminato e neanche a tempo pieno, ma abbiamo invece degli impieghi molto meno pagati, a part-time o a tempo determinato i padroni vogliono “carta bianca” per poter assumere quando la produzione gira a pieno regime e licenziare più facilmente quando c’è la minaccia di una crisi.

I sussidi di disoccupazione, di pensione, di malattia... non sono garantiti.

La politica neo-liberale ha ucciso le sicurezze sociali. Secondo gli osservatori economici, un sussidio di disoccupazione nel 1980 valeva in media il 42% dello stipendio medio; nel 2003, questo non era più del 28%! Il sussidio di invalidità è caduto dal 44% al 33% dello stipendio. Le pensioni non sono state adattate all’inflazione reale (e quindi legate agli stipendi) e hanno perso in potere di acquisto.

La sovrapproduzione genera la disoccupazione di massa.

La politica generalizzata di smantellamento dei nostri diritti è la conseguenza della sovrapproduzione che è ricorrente sotto il capitalismo. In un libero mercato, basato sull'appropriazione del plusvalore per i capitalisti (lo sfruttamento), si arriva ad un certo momento che i salariati non sono più capaci di acquistare tutto ciò che producono. I capitalisti possono acquistare certo più cose, ma non tutto ciò che i lavoratori producono in eccesso. «In eccesso» per il mercato, non per i bisogni. Inoltre, i padroni non smettono di pompare le loro ricchezze dalla società, perché occorre sempre più investire nelle nuove tecnologie e nei nuovi macchinari per difendersi dalla concorrenza. I profitti dei capitalisti provengono dal lavoro non pagato ai salariati. Ma la concorrenza finisce per acquistare alla fine nuovi macchinari. Questa corsa agli investimenti nei macchinari piuttosto che nella mano d’opera produttrice di plusvalore diminuisce il margine di profitto su ogni euro investito nella produzione. L'ondata di lotte operaie dell'inizio degli anni ‘70 ha esercitato una forte pressione nei confronti dei capitalisti e ha portato all'abbassamento dei profitti. Ma la crisi di sovrapproduzione era in atto.

Che cosa fanno i capitalisti se non possono più smerciare i loro prodotti e se i profitti si abbassano? Tentano di ristabilire i loro profitti licenziando una parte dei lavoratori e facendo lavorare più duramente gli altri. Fanno pressione sugli stipendi e gridano che il costo del lavoro si è alzato troppo. Dagli anni ’80 tutti i governi italiani hanno dato una mano agli “imprenditori” elargendo delle Finanziarie a loro esclusivo vantaggio - come se i padroni li pagassero di tasca propria... – e prendendo il denaro necessario tagliando la spesa per lo stato sociale. Se i profitti dei padroni vanno meglio, è perché tutto è andato a discapito dei lavoratori. Secondo le statistiche dell’Istat, la disoccupazione in Italia si avvicina al 20%. Questa cifra non comprende tutti i disoccupati, soprattutto le disoccupate, che sono state radiate negli anni novanta. L'inconveniente delle misure che prendono i capitalisti o i loro governi per ristabilire e salvaguardarne i profitti, è che questi aggravano il problema all’origine, aumentando lo scarto tra la produzione ed il potere d’acquisto della popolazione.Dei periodi di relativa crescita possono essere un palliativo temporaneo, ma diventano più deboli quanto più le crisi si approfondiscono. Questo è il capitalismo: la povertà e lamiseria per la maggioranza della popolazione mondiale. Gli Stati Uniti affrontano oggi la ripresa economica più lenta dalla Seconda Guerra Mondiale. Mai la creazione di posti di lavoro si era fatta aspettare per così tanto tempo, in un periodo come si suol dire di «rilancio».

Le potenzialità tecnologiche e produttive si scontrano con la realtà e i freni del mercato capitalista. Dalla metà degli anni settanta, lo Stato e le imprese hanno accumulato delle montagne di debiti che hanno permesso di allontanare la crisi il più possibile nel tempo. L'indebitamento permetteva di ridurre le differenze tra la produzione e il consumo. Ma i debiti devono essere rimborsati pena il crollo di tutto il sistema presto o tardi. Da qui una spirale di crisi più acute delle altre che resteranno senza soluzione finché verrà mantenuta la proprietà privata delle grandi imprese.

Come costruire un contro-potere

La lotta di classe è il prodotto naturale dell'economia capitalista. È anche l'unica generata dalla maggioranza della popolazione. I lavoratori ricorrono di nuovo ai loro strumenti classici, come i sindacati, per difendere i loro interessi. I vecchi partiti operai - la socialdemocrazia incarnata dai DS principalmente - non hanno virato solamente a destra come la direzione sindacale, hanno cambiato decisamente natura di classe. Sempre di più, molti lavoratori non vedono i DS come un partito valido a difendere i loro interessi.

Quando scatterà una lotta di grande ampiezza, devierà da questi partiti e si scontrerà anche con essi. Non partirà più da una opposizione interna alla socialdemocrazia. Il legame storico tra la classe operaia e questi partiti sono rotti irrimediabilmente.

Per questo LOTTA per il Socialismo difende all’interno di Rifondazione Comunista un programma marxista. Per questo è chi sostiene questa rivista lotta per conquistare tale partito al programma socialista rivoluzionario. Agiamo nel suo seno come una corrente marxista, per accelerare la formazione di un partito comunista di massa al livello mondiale per poter portare la società ad un stadio superiore.

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